Alla fine ce l’hanno fatta e la Brexit è realtà. L’Inghilterra esce dalla Comunità Europea. Bene. Ottimo. Tutte le guerre portano disastri e sofferenze. Ma se per vincere una guerra, che potrebbe portare molti più disastri e sofferenze, è necessario perdere una battaglia, ben venga la Brexit.
In uno dei miei ultimi articoli, riportavo la singolare
dichiarazione di Paolo Mieli a Ballarò, a proposito dell’Europa. In quella
intervista, subito dopo quella dichiarazione, che esortava il nostro Presidente
del Consiglio a riflettere sui rischi di battere i pugni sul tavolo in Europa,
sfoderò una delle pappardelle più stantie ma che ancora oggi molti, anche in
perfetta buona fede, sventolano a comando, a seconda della convenienza e del
momento. La ”legittimazione”. Junker e tutto il gruppo di potere che gestisce
la politica europea, erano “legittimati a farlo, sono stati votati.”
Questo della legittimazione è un argomento che, nel nostro
paese, da qualche anno è sbandierato spesso. Gli avversari politici del nostro
Primo Ministro, ribadiscono questa pappardella della legittimazione popolare. Con
toni e critiche diversamente modulate, più o meno forti e così via, accusano
l’attuale Presidente del Consiglio di non essere stato eletto.
Io penso che quando si sbaglia, si può sbagliare solo per due
motivi: o per ignoranza o per interesse. Tra quelli che, a questo proposito,
sbandierano la pappardella della legittimità o legittimazione, ci sono quelli
che sbagliano per ignoranza, perché magari s’interessano di politica, ma la
loro conoscenza, la loro esperienza politica, la loro esperienza di governo è
minima se non inesistente, e si nutre di hastag, di slogan, di parole d’ordine.
La politica da bar dello sport o delle anime belle, se preferite. Sbandierano
la pappardella della legittimazione popolare per ignoranza, tutto qui. Nemmeno
conoscono la nostra Costituzione. La nostra Costituzione non prevede la legittimazione
del voto, per essere Capo del Governo. Non è nemmeno necessario essere stati
eletti per qualcosa o da qualche parte. Secondo quanto prevede la nostra
Costituzione, alla prossima crisi di Governo il Presidente della Repubblica, se
pensa che questo sia un bene per il Paese, potrebbe affidare l’incarico di
formare il nuovo Governo a Gennaro Esposito, che si era candidato a Sindaco di
Milano e non è stato eletto. O potrebbe affidare a voi che state leggendo,
l’incarico di formare il nuovo Governo. L’unico voto del quale ha bisogno il
Capo del Governo designato, è quello di fiducia del Parlamento. Se lo ottiene è
“legittimato” e “legittimamente” è il Capo del Governo.
Ovviamente non tutti parlano così per ignoranza. Possono
farlo per calcolo, per interesse, per favorire questa o quella, o la propria
parte politica. Si presume che gli operatori della formazione (o
dell’informazione, se preferite) queste cose le sappiano. Le sanno, ovviamente,
i politici. Che a comando, o quando fa comodo, sbandierano la pappardella della
legittimazione. Eppure la legittimazione è un problema. Così come il voto. Ma
del voto, e del problema che a volte costituisce per la Democrazia, scriverò
un’altra volta. Fermiamoci alla legittimazione. Il punto è che se sei
legittimato a ricoprire un ruolo, o a svolgere una funzione, questo, in
Democrazia, non dovrebbe essere “a prescindere”, o ineluttabilmente fino alla
fine del tuo mandato. Una Democrazia ben disegnata, come sostanzialmente è la
nostra, prevede delle verifiche, delle possibilità di revoca del mandato e così
via. Inutile precisare che anche la nostra Democrazia è passibile di
miglioramenti, ma per restare al tema: il mandato del Capo del Governo dura, in
teoria, quanto la legislatura, cinque anni. E’ possibile revocargli anzitempo quell’incarico,
quella legittimazione a governare, se siamo convinti che il Governo non stia
lavorando bene? Sì. Quello stesso Parlamento che gli ha accordato la fiducia,
può revocargliela in qualsiasi momento. Poi può capitare, come capita in questi
tempi, che nonostante la sostanziosa maggioranza che potrebbe revocargli la
fiducia in ventiquattr’ore, le forze di opposizione (minoranze interne incluse)
si limitino a “manifestare”, a galvanizzare il proprio elettorato contro quel
Capo di Governo che “dichiarano” di voler mandare a casa. Al massimo gli
“chiedono” di dimettersi. Ma non fanno l’unica cosa seria e efficace che
potrebbero fare per revocargli il mandato: revocargli la fiducia. Strana questa
cosa, vero? Perché questo succede, magari ne scriverò un’altra volta. Per il
momento torniamo alla Brexit. Anzi no.
Vi ricordate quanto era tutto molto più semplice, ai tempi
della Prima Repubblica? Non solo in Italia, anche in Europa. Pensandoci… anche
questo è un argomento degno di essere affrontato, magari un’altra volta. Erano
i tempi felici in cui potevi usare le parole “Potere” e “Politica”,
sostanzialmente come sinonimi. Il potere “era” la politica e la politica “era”
il potere. Certo, anche allora esistevano le lobby, la finanza, i gruppi di
potere e così via. Ma erano più o meno marginali, se ne stavano nel loro e la
politica aveva il potere di incidere e di condizionare la vita di quei gruppi,
di quelle lobby. Poi lentamente ci siamo evoluti, i nostri orizzonti si sono
allargati, abbiamo creato e abbiamo bisogno di sempre più cose, che dobbiamo
produrre, che creano ricchezza, e quindi creano economia, e quindi finanza. A
proposito: attenzione! Economia e
Finanza non sono sinonimi! L’Economia crea ricchezza, la Finanza gestisce
quella ricchezza. Lo capisco, molti di voi si staranno chiedendo: ma se
l’Economia arranca, e quindi produce meno ricchezza, come mai la Finanza vive
un periodo d’oro e non è mai stata così potente come oggi? Solita risposta:
prossimo articolo. Oggi la Finanza è più potente, la Politica è sempre più
inadeguata, quando non è addirittura marginale, e allora? E allora non esiste
più “il Potere”. Esiste “il Sistema”. Che è una cosa molto più complessa. E’
una cosa così complessa, al punto che anche il disoccupato, io che scrivo, che
vivo di stipendio, perfino i poveri, fanno parte del sistema, anche senza
saperlo. E godono, in misura proporzionale al loro peso politico, dei benefici
del Sistema. Pensate ai poveri. C’è differenza, secondo voi, tra l’essere povero
in Italia o nel Regno Unito, o essere povero a Calcutta? Ovvio che c’è, ed è
anche una differenza non da poco!
Il Sistema, che ha soppiantato il Potere, è una cosa molto
più complessa di quanto s’immagini. Qualcuno, che ne so, magari il conduttore
del talk show, avrebbe potuto o potrebbe obiettare a Mieli che quando Junker e
soci hanno cominciato a guidare l’Europa, i movimenti antieuropeisti erano una
piccola minoranza. In poco più di due anni, grazie al loro lavoro, sono
cresciuti a livelli esponenziali in tutta Europa, fino alla Brexit di oggi. Ai
tempi della Prima Repubblica, Junker e soci si sarebbero dovuto dimettere un
minuto dopo la proclamazione dei risultati. Oggi invece no. Non
necessariamente. Oggi, invece, con l’arroganza che gli è propria, sua e dei
suoi partner, nel commentare l’esito del referendum si è augurato, con un
leggero tono di fastidio, che la Gran
Bretagna faccia presto a lasciare l’Europa, magari prima dei due anni previsti.
E’ ovviamente una pia illusione. Ma che è, se mai ce ne fosse bisogno, la
dimostrazione che la Politica e il Potere non sono più sinonimi. E che, io
penso, la Politica non è nemmeno la parte più importante del Sistema. E’ per
una scelta di convenienza, di convenienza politica, se i nostri politici, di
qualunque schieramento, che invocano le sue dimissioni almeno una volta alla
settimana, non sfiduciano il nostro Capo del Governo. E la possibilità che
Junker e soci potrebbero continuare tranquillamente a far danni all’Europa,
anche se molti ne chiederanno le dimissioni e, volendo, potrebbero costringerlo
a dimettersi, non è del tutto remota. E’ una scelta di Sistema.
I nostri mezzi di formazione hanno, appena di sfuggita, fatto
notare come il voto per restare in Europa, sia stato prevalentemente dei
giovani e delle grandi città. Ovvio. Se hai venti, trent’anni e magari vivi in
un paese asfittico e corrotto nel quale non avresti nessuna possibilità di realizzarti,
non ci pensi per molto e, seguendo il consiglio di uno dei Padri della
Repubblica, un consiglio vecchio di ottant’anni, impari le lingue e te ne vai
all’estero. Sei giovane, hai voglie, forze, energie: perché restare a fare il
cameriere o l’operaio per cinquecento euro al mese, magari in nero, quando a
Londra per quello stesso lavoro ricevi una paga onesta che, unita
all’assistenza dello Stato, ti permette di vivere una vita dignitosa e
coltivare qualche ambizione di miglioramento? Discorso opposto per il fronte
del sì. Sei vecchio, pensionato, magari bisognoso di cure e il tuo Governo ti
dice che non può aumentarti la pensione perché non ci sono soldi. E intanto il
tuo Governo spreca miliardi per salvare le banche. Se ne frega dei tuoi
problemi perché ci sono i vincoli di bilancio, ma regala miliardi alle imprese
e alla finanza. E tu non hai né le forze, né le possibilità di cambiare paese.
Ovvio che sei arrabbiato e, cascasse l’Europa e il mondo intero, tu voti per il
sì.
Provate a immaginare: come è probabile, la Brexit si conclude
e tra tre, quattro anni i cittadini di tutti i paesi d’Europa si accorgeranno
che gli Inglesi non si sono impoveriti, non sono sul lastrico e la loro vita,
sostanzialmente, non è cambiata più di tanto. Potrebbe essere la fine del sogno
europeo. O almeno di “questa” Europa. I mezzi di formazione farebbero sempre
più fatica a convincere gli operai, i pensionati con pensioni basse e tutti
quelli che si stentano la vita, che se affonda la borsa sarà un male anche per
loro. Che, ovviamente, non è del tutto vero.
I Gestori del Sistema hanno sottovalutato un fatto
importante. Mi pare sia di Petrolini la famosa battuta: “Lo Stato ha bisogno di
soldi. Da dove li prendiamo? Dai poveri, sono la maggioranza!”. Vero. Ma quegli
stessi poveri sono la maggioranza anche quando va a votare. Certo, quando si
vota, quando si deve scegliere questo o quello, quel partito o quell’altro è
sempre difficile e il Sistema funziona comunque, qualsiasi sia la scelta: che
sia il partito istituzionale o il movimento dell’ultima ora, tutto fa “Sistema”.
Ma se la domanda è secca e, sostanzialmente, si riduce a questo: “Volete
continuare così o volete cambiare” allora tutto diventa più difficile. I poveri
sono la maggioranza in questo Sistema. Sarebbe prudente non porgli mai simili
domande. Perché quando votano, i poveri, di future, derivati, spread e tutto il
ciarpame che conosciamo, non s’interessano.
25 giugno 2016
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