Perry Mason, ve lo ricordate? No, forse no. Se non avete superato gli anta è difficile che ne sappiate qualcosa. I telefilm di Perry Mason arrivarono nel nostro paese a metà degli anni cinquanta o giù di lì. Perry Mason era il prototipo dell’avvocato made in USA. Paladino della giustizia e degli innocenti, accettava i casi più disperati e, grazie al suo acume, alla sua intelligenza e al suo amore per la legge e la giustizia, riusciva sempre, alla fine, a far trionfare la verità. In quei tempi, anche nel nostro paese, più o meno, l’immagine dell’avvocato che ancora resisteva nell’ “immaginario collettivo” era pressappoco questa. E l’italiano medio si appassionava al caso Fenaroli, e il paese era diviso fra colpevolisti e innocentisti. E oggi? Oggi, nel nostro paese, Perry Mason sarebbe quello che comunemente si definisce “uno sfigato”. Magari tutti gli riconoscerebbero i suoi meriti, gli si concederebbe perfino qualche apparizione tv ogni tre, quattro anni, ma niente di più.
Due esseri viventi
trentenni hanno ucciso, in questi giorni, un ragazzo di ventuno anni, per un
motivo terrificante: "per sapere cosa si prova a uccidere". Come faccio a scrivere
un articolo, in questi giorni, e parlare di altro? E’ impossibile.
Probabilmente non
esiste e non esisterà mai una società tale, né in Italia, né altrove, per cui
queste cose non potrebbero accadere, però… però ogni volta che accadono cose
simili, io credo che a molti di noi capiti di soffermarsi, per poco o tanto,
sull’eterno problema dei “valori” e dei “modelli”. I valori cambiano, e
cambiano in base ai modelli che scegliamo. O viceversa, come preferite.
Oggi, per limitarci
agli avvocati, Perry Mason, se avesse interesse a diventare un grande avvocato,
famoso e ammirato, dovrebbe scegliersi una clientela diversa. Dovrebbe
difendere e far assolvere politici famosi di chiara matrice mafiosa. Dovrebbe
difendere e far assolvere, o comunque evitare la galera, a vecchi miliardari
puttanieri, intrallazzatori e così via. Perché il modello di avvocato vincente
è cambiato. E, conseguentemente, sono cambiati i “valori”. O viceversa, come
preferite.
Ci ho pensato non poco,
prima di decidermi se scrivere di queste cose. Innanzitutto perché ne ho già
scritto altrove. E poi perché, nel nostro paese, non è mai prudente parlar male
di categorie, lobby, ordini e così via. Poi mi sono detto che, a voler essere
ottimisti, si e no un centinaio di persone legge le cose che scrivo e quindi il
rischio è ridotto praticamente a zero. E poi… e poi ascoltavo il tg2 delle
diciotto. E ho ascoltato l’intervista all’avvocato difensore di uno dei due
esseri viventi che hanno ucciso quel ragazzo. L’intervistatore gli ha chiesto
se aveva intenzione di richiedere, come è ovvio che farebbe un avvocato in un
caso simile, la perizia psichiatrica per il suo assistito e, rispondendo,
questo avvocato ha sintetizzato, in una sola frase, tutto il discorso che
volevo fare e che ho già fatto altrove.
“…purtroppo il lavoro
tecnico dell’avvocato è questo…”
Quel “purtroppo” innanzitutto.
Che fa riflettere. E poi, proviamo a chiederci: qual è il “lavoro tecnico” di
un avvocato? Far trionfare la giustizia? No. Difendere e-o far rispettare la
legge? No. In teoria, ma è pura teoria, ci sono altre istituzioni, altri
professionisti delegati a questo. Il lavoro tecnico dell’avvocato è difendere
il proprio cliente e-o i suoi interessi e recargli il massimo del vantaggio che
la legge e la sua pratica e conoscenza della legge, può procurargli.
E ora, proviamo a
cercare di capire, allo stesso modo…
Qual è il “lavoro
tecnico” di un commercialista? Assicurarsi che i suoi clienti paghino tutte le
tasse che dovrebbero? O forse che le operazioni finanziarie del suo cliente imprenditore
siano tutte lecite? No. In teoria, ma è pura teoria, ci sono altre istituzioni,
altri professionisti delegati a questo. Il lavoro tecnico del commercialista è
curare gli interessi del proprio cliente e, come per l’avvocato, recargli il
massimo del vantaggio che la legge e la sua pratica e conoscenza della legge,
può procurargli.
Una cosa del genere,
ascoltando la tv, mi è capitata una decina di anni fa, non ricordo con
precisione. Due fidanzatini, poco più che adolescenti, massacrarono la mamma e
il fratellino di lei, a coltellate mi pare. Lui si chiamava Omar, lei Erika. In
Liguria, da quelle parti. Solito caravanserraglio degli avvoltoi
dell’informazione: speciali, approfondimenti, ricostruzioni, plastici,
dibattiti e così via. : “Il problema è che dobbiamo dare valori ai
giovani!”. Quasi mi veniva un colpo! Sì, ve lo giuro, proprio così! Perché un
conto è se un luogo comune, una frase fatta, una fesseria standard, la senti al
bar sport, da qualche opinionista un tanto al chilo in tv o sul giornalino
della parrocchia. Tutt’altra cosa è se quella frase, testuale, la dice un
filosofo! Vi giuro che sono rimasto di sasso. Ma è durata poco, poi me la sono
spiegata. Sì, perché quel filosofo, che insegna nelle nostre università, è
anche un politico. All’epoca un politico di primo piano nel partito cattolico
di riferimento, oggi notevolmente ridimensionato, ma comunque un politico di
primo piano.
Avete presente Pirandello… Il
berretto a sonagli… Eduardo?
Quando un filosofo è anche politico,
deve continuamente aprire e chiudere l’interruttore. E deve o dovrebbe,
continuamente, ricordarsi di non fare politica quando fa il filosofo e
viceversa. Per un attimo pensai a lui come al Filosofo, che insegna filosofia
nelle nostre Università, e quasi mi prendeva un colpo. Ma subito dopo realizzai
che stava parlando il politico. E allora tutto tornava. Meno male. E’
incredibile come senti la stessa cazzata da una vita e nemmeno ci fai più caso.
Poi la ripete un intellettuale e resti impietrito. Ma l’errore era stato mio.
Non era il Filosofo che stava dicendo quella cazzata. Era l’Onorevole.
Il problema è che i valori non si danno. Non si
possono “dare”. Ognuno se li sceglie da solo. Che sia un bambino di cinque
anni, che sia un ragazzo di venti o un adulto di cinquanta, ognuno se li
sceglie da solo i suoi valori. Spesso senza nemmeno saperlo, deciderlo
coscientemente. Come se li sceglie? Semplicemente guardandosi intorno, in base
all’esperienza, all’ambiente che lo circonda, agli esempi che ha a disposizione
e così via. Solo così si può spiegare come, all’interno di una stessa famiglia,
due o più fratelli possano avere “valori” completamente diversi. O come da una
famiglia di magistrati possa venir fuori un figlio terrorista o da una famiglia
di onesti operai possa venir fuori un figlio rapinatore. E così via.
V’immaginate che pacchia sarebbe se bastasse fare una
bella pappardella sull’onestà, la morale, il rispetto eccetera, ogni tanto a
vostro figlio, per essere sicuro di tirarlo su come volete? Magari bastasse
portarlo in Chiesa tutte le domeniche, per farne un bravo Cristiano!
Ecco, adesso possiamo tornare al “lavoro
tecnico” del nostro bravo avvocato. Immaginate un bravo imprenditore, che si vuole
organizzare un bel fallimento per fregare fornitori, operai, fisco e così via.
Ai tempi di Perry Mason, qualche decennio prima magari, c’era chi si suicidava
per una cambiale non pagata, o per un fallimento. Oggi, se ti organizzi il tuo
bravo fallimento e riesci a fregare tutti, sei uno in gamba, uno che ci sa
fare. Una condanna per corruzione, concussione, peculato o altro è quasi un
titolo di merito. Significa che hai gli agganci giusti, che sei negli ambienti
giusti, che ci sai fare. E allora torniamo al nostro bravo imprenditore. Cosa
gli occorre, innanzitutto, se vuole organizzare un bel fallimento per fregare
tutti? Innanzitutto un bravo commercialista e un bravo avvocato.
Probabilmente, quel bravo
imprenditore, quel bravo avvocato, quel bravo commercialista, hanno dei figli.
Che vogliono crescere nel migliore dei modi. E probabilmente, a sera, quando
tornano a casa, di quando in quando gli fanno una bella pappardella sulla
nobiltà del lavoro, sull’onestà, sulla morale, sui principi e tutte quelle
belle cose lì. E sentono di aver fatto il loro dovere, come genitori. Hanno
fatto tutto il loro dovere, come genitori. Gli hanno anche mostrato la bellezza
dell’impegno perché, pur essendo impegnatissimi nella loro professione, trovano
anche il tempo di impegnarsi a difesa della famiglia naturale, dei diritti dei
bambini, della dignità delle donne e tutte quelle belle cose lì. E anche dal
punto di vista materiale, non difettano in niente. Firmati dalle mutande ai
giubbotti, una o più case calde, ampie, accoglienti a disposizione. E poi il
viaggio studio, il viaggio premio nella grande mela, le vacanze, la piscina, la
macchina e così via. Dall’età di cinque anni, quando cominciano a stressarsi,
sempre di corsa, per portarli a nuoto, alla scuola di ballo, a calcio, al corso
di chitarra, o di scacchi o di chissà cosa. E poi qualche corso d’inglese, e poi
alle feste di compleanno degli amichetti, e poi a dottrina per la comunione e
poi… e poi il motorino e poi finalmente la macchina e, finalmente, sono
indipendenti. In tutti questi anni, tranne per la solita pappardella periodica
sull’onestà, sui valori e così via, nemmeno si sono conosciuti. Perché il tempo
e i soldi sono valori inversamente proporzionali. All’aumentare dell’uno
diminuisce l’altro. Si tratta di scelte. Puoi impiegare il tuo tempo per
educare tuo figlio, per fargli capire che avere le mutande firmate non lo rende
per questo migliore degli altri, o per fargli capire che anche se le sue
mutande non sono firmate, lui vale comunque come e forse più degli altri. E
cose di questo tipo. Ma per fare questo ci vuole tempo. E se dedichi troppo
tempo per educare tuo figlio, per stare con lui, per parlargli, per capirlo,
per “conoscerlo”, non hai tempo a sufficienza per fare soldi, per fare tutti i
soldi che ti servono per le mutande firmate e tutto il resto. E’ questione di
scelte. Oggi quella che prevale è la scelta dei soldi. E non c’è tempo per
educare, per “conoscere” i propri figli. E il risultato è che dopo trent’anni
ti ritrovi in casa un essere vivente che non conosci, e che uccide un ragazzo
di ventuno anni “per sapere cosa si prova a uccidere”.
©Augusto Novali
Marzo 2016
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