A tutto potrei rinunciare, ma non a quell’ora. L’ora, a volte
anche due, che mi concedo ogni domenica, al “Bar dello Sport”. Quello del mio
paese è un bar dello sport classico, di quelli che c’erano una volta in tutti i
paesi, e che oggi resistono solo nei paesini piccoli e fuori mano. E’ un bar
anche grandicello se vuoi e con tutti gli ingredienti necessari. Leggermente
trasandato, età media cinquant’anni o forse più, qualche tavolino con il panno
verde e le carte per la briscola, la “Gazzetta dello Sport” e così via.
“Se vuoi “La Repubblica” te la vai a comprare, l’edicola è di
fronte!” risponde leggermente rabbioso Bepi, leghista della prima ora, a
qualche giovane che, lo fa apposta per provocarlo, gli chiede se ha anche “qualche
giornale decente.” Bepi non fa mai
mancare “Il Giornale” e “Libero” nel suo bar. Al Bar dello Sport del mio paese,
se sei fortunato, può ancora capitarti di sentire esclamazioni del tipo:
“Quando c’era lui, caro Lei!...”. Sì, davvero!
Quell’ora domenicale al Bar dello Sport è terapeutica per me.
E’ disintossicante e serve a riportarmi con i piedi per terra. Dopo aver
ragionato e dissertato per tutta la settimana sui Massimi Sistemi, sulla
Politica, il Terrorismo e cose del genere, qualche ora di “sano realismo” o di
“saggezza popolare” è benefica.
Il “Caso Azzolina” fu, per quello che posso ricordare, la mia
prima delusione da aspirante “anima bella” che ricordi. Avrò avuto quindici o
vent’anni, chissà. Era un programma del tipo “Report”: inchieste, denunce e
cose del genere. Programmi che oggi, lentamente, sono sempre più soppiantati
dai talk show di starnazzo e propaganda. All’epoca ce n’erano molti. “A-Z un
fatto come e perché.” mi pare che fosse. Gaetano Azzolina era una giovane
promessa della cardiochirurgia italiana e, in poche parole,
l’intervista-servizio dopo aver illustrato i meriti, le referenze e il valore
del giovane cardiochirurgo, denunciava il boicottaggio sistematico dei baroni
ospedalieri e tutto il resto che potete immaginare. Ricordo che andai a
dormire, quella sera, elettrizzato, impaziente di risvegliarmi e leggere,
l’indomani, i titoli dei giornali e i servizi televisivi, su quella grave
denuncia. E ricordo la delusione, l’indomani e nei giorni che seguirono.
Niente, non se l’era filato nessuno.
Mi è capitato di leggere per caso, ogni tot di anni, qualche
notizia su Azzolina. Il Sistema, com’era prevedibile, ha lavorato bene e la
giovane promessa della cardiochirurgia è sparita dalla scena, finito in ospedali
sempre meno importanti fino ad essere accusato di qualcosa legata alla mafia.
Il Sistema ha lavorato bene, non c’è che dire.
Lo confesso: “Il Bar dello Sport” mi serve, anche, per
gratificarmi un po’ e coltivare il mio amor proprio, e così mi è capitato,
stamattina, di spiegare la mia “Teoria della Pappardella” a quel brav’uomo del
geometra Zordan. Il geometra pareva sinceramente interessato a sentirla. Il
geometra Zordan è uno di quei bravi professionisti che guadagna centinaia di
migliaia di euro l’anno e dichiara al fisco poco più di un operaio e,
ovviamente, è una persona attenta ai valori, alla morale e a tutte quelle belle
cose lì. Lui è convinto, così come lo ero anch’io, fino a un paio di settimane
fa, che, tutto sommato, noi siamo al riparo dal terrorismo, dalle stragi e da
tutto quello che succede, in questi tempi, in giro per il mondo e segnatamente
in Europa. Io temo che non sia più così. Temo che non ci saranno più isole
felici. E che le stragi, piccole o grandi che siano, saranno sempre di più,
dovunque. E gli ho spiegato perché lo penso.
La Libera Formazione è stata particolarmente sfortunata in
questo periodo. Sulla Strage di Nizza ci potevano pappardellare per almeno
venti giorni. E sul Colpo di Stato in Turchia, abilmente pilotato e sfruttato
da Erdogan, in un altro momento, ci avrebbero potuto pappardellare almeno per
un mese. E sui due squilibrati in Germania, l’accoltellatore del treno e il
pistolero del centro commerciale, almeno per venti giorni ognuno. E invece? E
invece la sfortuna ha voluto che tutto accadesse a distanza ravvicinata e, in
meno di venti giorni, si sono visti svanire tre mesi di pappardella facile.
Peccato.
Pappardellare significa anche, e soprattutto, “dilatare” e,
conseguentemente, “dettagliare”. Quello che, in un altro momento, puoi usare
come notizia di cronaca e quindi riferirne al limite per un paio di giorni o
poco più, in questo periodo puoi dilatarlo fin che vuoi. Quello che in un altro
momento avresti liquidato, in un paio di giorni, come il gesto di uno
squilibrato, di questi tempi è sempre e comunque, di primo acchito, un attacco
terroristico. C’è sempre uno, tra decine di testimoni, che ha sentitolo lo
squilibrato inneggiare ad Allah. Sul telefonino del presunto attentatore c’è
sempre qualche immagine o video compromettente e così via. In periodi normali
puoi andarci avanti per un paio di settimane, o anche più, prima di arrenderti
all’evidenza e finalmente far sapere ai tuoi destinatari finali che si trattava
di un semplice squilibrato. Ma intanto ti sei guadagnato la pagnotta anche per
questo mese.
Per dilatare devi dettagliare. Devi far vedere, fotogramma
per fotogramma, decine e decine di volte, il Tir che piomba sulla folla. Devi
dettagliare come e su quali siti, leggendo quali libri si è documentato il
pistolero di Monaco. In parole povere, senza saperlo (forse) finisci con
l’istruire e, sicuramente, a motivare, galvanizzare. Pensate a vent’anni fa e
alle torri gemelle. Il rancoroso che anelava la vendetta in cuor suo, viveva
solo di rancore e di fantasie. Nemmeno immaginava di poter entrare in una
pseudo Multinazionale del Crimine, frequentare per anni un corso per piloti e,
in sintesi, riuscire ad avere la possibilità di compiere un attentato simile.
Oggi non è più così. Non hai bisogno di tutte quelle competenze. Non hai
bisogno di grandi mezzi per fare una strage. Non hai più bisogno nemmeno di
appartenere a una organizzazione terroristica. Basta un Tir, o anche meno.
Ovvio che tutto questo non è colpa del pappardellaro. Ma è grazie al suo
fondamentale contributo se oggi nasce la “Generazione Erostrato”. Cos’è la
“Generazione Erostrato” l’ho spiegato al geometra Zordan e temo, e me ne
dispiace, di avergli rovinato la giornata. Lui che era convinto di vivere al
sicuro, nel nostro piccolo paesino fuori mano, mi ha fissato per un po’
scuotendo la testa ed è andato via, senza nemmeno salutare.
Della “Generazione Erostrato”
scriverò la prossima volta. Buona domenica.
24 luglio 2016
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